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Manifesto per la terra e per l’uomo

DiBruno Lanata

Mar 2, 2019

Dopo che la millenaria civiltà agraria aveva tenuto gli esseri umani vicini alla loro fonte di vita,
la civiltà votata al principio minerale (la materia morta!) li ha allontanati.
Pierre Rabhi

La crisi alimentare è alle porte e in molte parti del mondo si è già manifestata con pesante durezza, accompagnandosi in molti casi con sommosse, crisi politiche e crescente insicurezza. La FAO (Organizzazione delle Nazioni Unite per l’Alimentazione e l’Agricoltura) ha censito una trentina di paesi nei quali l’aumento dei prezzi dei beni alimentari ha provocato conseguenze catastrofiche: “Perché a ogni aumento dell’1% sul prezzo delle derrate di base, secondo i dati della Fida (Fondo internazionale per lo Sviluppo Agricolo), 16 milioni di persone in più si ritrovano in una situazione di precarietà alimentare”.

A lanciare questo ammonimento è Pierre Rabhi, scrittore, agricoltore e ambientalista francese che sta assurgendo a figura di riferimento nel panorama dell’agroecologia.

Riconosciuto quale esperto internazionale di sicurezza alimentare, ha partecipato alla stesura della Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la desertificazione. Di origine algerina (il suo nome originario era Rabah), Rabhi, dopo la morte della madre, fu affidato a una coppia francese, ricevendo quindi un’educazione europea. Pur rimanendo strettamente legato al suo paese di origine, Rabhi ha deciso di risiedere in Francia; e dal 1963, dopo tre anni di lavoro come operaio agricolo, si installa nell’Ardeche, nel Sud-Est della Francia, diventando un piccolo agricoltore e allevatore di capre.

Per Pierre Rabhi “la terra nutrice è oggi l’elemento più disprezzato e ignorato dalla grande maggioranza della comunità scientifica, degli intellettuali, dei politici, degli artisti dei religiosi e del popolo in generale. Eppure, la terra nutrice è il principio primo senza il quale nient’altro può accadere. Di conseguenza dovrebbe essere legittimamente oggetto della nostra vigilanza e protezione. Strana e pericolosa ignoranza, in una società iperinformata su tutto, salvo che sull’essenziale”.

Dopo essersi dedicato all’agricoltura biologica ed ecologica, Pierre Rabhi scopre – attraverso i testi di Rudolf Steiner (1) e di Ehrenfried Pfeiffer (2) – l’agricoltura biodinamica che inizia ad applicare con successo alla sua piccola fattoria, quella che lui ama definire “un’oasi di vita”.

È proprio dalle esperienze maturate a partire dalla lettura delle opere di Steiner e Pfeiffer che Pierre Rabhi giunge alla conclusione che “non può esserci avvenire alimentare affidabile senza una politica fondata sulla ripartizione della produzione sull’insieme dei territori”.

Ciò è possibile solo applicando quella che lui chiama ‘agroecologia’, la sola “che permetterebbe l’onnipresenza di cibo sano e abbondante e il suo accesso diretto da parte di tutti i cittadini entro distanze minime, senza i trasferimenti e i trasporti continui”.

“Produrre e consumare localmente, – afferma Pierre Rabhi – scambiandosi ciò di cui c’è scarsità, dovrebbe essere uno slogan universale: per questo si deve stabilire una politica fondiaria che consideri la terra nutrice, l’acqua, le sementi, le conoscenze e le competenze beni comuni inalienabili”.

Un altro fondamentale aspetto da considerare riguardo all’agricoltura concerne l’utilizzo dei pesticidi. In una pubblicazione di Rachel Carson, dall’emblematico titolo Primavera silenziosa, erano già stati evidenziati – a partire dagli anni Sessanta – gli effetti e le conseguenze legati all’uso indiscriminato di questi prodotti chimici impiegati a fini antiparassitari. Le conclusioni erano già più che allarmanti: i pesticidi venivano presentati come una catastrofe per l’ambiente naturale, i terreni, le acque, la fauna e la salute pubblica. “Le nostre primavere saranno sempre più silenziose, profetizzava Rachel Carson, “dato che gli uccelli che le rendono incantevoli vengono decimati da veleni letali”.

A suo tempo l’opera ebbe l’effetto di una bomba, presto soffocata dalla cecità e dalla sordità, atteggiamenti da cui trae sostentamento l’ideologia del ‘sempre di più’.

Primavera 2019

NOTE
1 Si veda il “Corso di agricoltura”, otto lezioni tenute da Rudolf Steiner nel podere di Koberwitz, pubblicate in Italia con il titolo Impulsi scientifico-spirituali per il progresso dell’agricoltura, Editrice Antroposofica, Milano, 1973.
2 La fertilità della terra, Editrice Antroposofica, Milano, 1997.

Pierre Rabhi nasce in una famiglia musulmana a Kénadsa, vicino a Béchar, un’oasi nel Sud dell’Algeria, nel 1938. Dopo la morte di sua madre, il padre – fabbro, musicista e poeta – non sapendo come accudire il figlio di appena quattro anni lo affida a una coppia di conoscenti francesi, a condizione che continuasse a essere un buon musulmano. Così, l’infanzia di Pierre Rabhi trascorse tra Francia e Algeria, tra cattolico e musulmano fino all’età di 14 anni. A vent’anni approda a Parigi, dove inizia a lavorare in un’azienda come operaio specializzato. Dopo tre anni, nel 1961, abbandona la capitale e insieme alla moglie si trasferisce nell’Ardeche, nel Sud-Est della Francia. Diventato operaio agricolo, dal ’72, dopo aver scoperto l’agricoltura biologica ed ecologica, applica con successo nella sua piccola fattoria i metodi studiati e crea quella che lui ama definire, “un’oasi di vita”.

Bibliografia
Testi di Pierre Rabhi pubblicati in Italia
La parte del colibrì. La specie umana e il suo futuro (Lindau)
La sobrietà felice (ADD Editore)
Manifesto per la terra e per l’uomo (ADD Editore)
Parole di terra. Dal saccheggio della terra al ritorno della comunità (Pentagora)
La parte del colibrì. La specie umana e il suo futuro (Lindau)