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Serve il giusto prezzo

DiBruno Lanata

Mar 1, 2019
Un sistema di mercato che spinge sempre più al ribasso il prezzo delle materie prime per ottenere il massimo profitto senza tenere conto della qualità sta mettendo in ginocchio migliaia di produttori e allevatori delle principali filiere agricole.

Le recente “guerra del latte”, che ha visto insorgere i pastori sardi contro l’industria del latte, non è altro che la punta dell’iceberg di un problema ben più vasto, che riguarda tutto il mondo della produzione agricola e degli allevatori.
Un sistema agroalimentare economicamente ed ecologicamente insostenibile impoverisce sia gli agricoltori che i consumatori. “Quello che viene pagato in genere agli agricoltori e agli allevatori è un prezzo che non riesce a coprire i costi del lavoro e delle risorse impiegate e impoverisce le aziende”, afferma Fabio Brescacin, presidente di EcorNaturaSì, lo storico gruppo dei negozi biologici italiani.
La richiesta degli allevatori è di stabilire un prezzo del latte che riesca a far sopravvivere le aziende. Oggi viene pagato 60 centesimi al litro, ma per produrlo ce ne vogliono almeno 74.
Il dito è puntato contro chi decide le quote di produzione del pecorino romano, alla cui realizzazione è destinata più della metà del latte prodotto in Sardegna. L’accusa rivolta ai produttori da parte dei pastori è quella di non aver rispettato le quote annue e quindi di aver generato una sovrapproduzione che ha fatto crollare il prezzo del latte. Una crisi che finisce per scaricarsi interamente sulle spalle dei pastori.

“Una pecora produce 180 litri di latte all’anno in 180 giorni: un euro al litro è necessario per mantenere in vita le aziende ed è questa la cifra che chiedono le aziende agricole biologiche e che noi con i nostri caseifici e i nostri produttori ci impegniamo a riconoscere”, continua Brescacin.

Il prezzo riconosciuto oggi ai prodotti dell’agricoltura viene incessantemente spinto al ribasso. Questo rende iniquo il compenso per il lavoro svolto, impossibile ripagare l’attività di cura dei suoli e dell’ambiente, e mantenere il costo del lavoro nei campi in condizioni di piena legalità.

Il prezzo non è giusto per gli agricoltori, che ricevono compensi troppo esigui per il loro lavoro, ma neanche per i consumatori, che pagano meno in termini economici ma perdono in qualità degli alimenti, dell’ambiente e della salute. Schiacciata tra queste contraddizioni, l’agricoltura non riesce a compensare adeguatamente chi lavora nel settore. Questo fenomeno è diffuso in tutto il mondo ed è particolarmente accentuato nelle regioni montane, che sono tra le più marginalizzate in termini sociali, politici ed economici. Lontane dai mercati e con un’agricoltura spesso di tipo familiare e gestita dalle donne, le montagne soffrono per una filiera lunga che vede l’intervento di troppi intermediari. C’è un modo per invertire questa tendenza? Una parte del mondo agricolo e della distribuzione, soprattutto nel campo dell’agricoltura biologica e di qualità, anche con il sostegno della comunità internazionale, si sta mobilitando per un giusto prezzo dei prodotti alimentari.
Occorre anche sensibilizzare i cittadini sull’importanza di pagare un giusto prezzo per i cibi.

Fabio Brescacin, presidente di EcorNaturaSì.

“Sappiamo che è un discorso difficile, ma a cambiare deve essere il sistema agroalimentare, un sistema che deve tener conto dei veri costi ambientali e dello sfruttamento della terra. Il sistema agroalimentare basato sulla chimica di sintesi, sull’industrializzazione e sui prezzi falsamente bassi impoverisce sia gli agricoltori che i consumatori, minaccia la salute dei cittadini e della terra. Ed è una delle cause del cambiamento climatico che vediamo avvenire sotto i nostri occhi”.
In conclusione, riassume Brescacin: “Solo un prezzo giusto, riconosciuto agli agricoltori da operatori responsabili e da consumatori consapevoli può garantire un cibo sano alle persone e la salute del pianeta per le future generazioni”.

Un sistema di mercato che spinge sempre più al ribasso il prezzo delle materie prime per ottenere il massimo profitto senza tenere conto della qualità sta mettendo in ginocchio migliaia di produttori e allevatori delle principali filiere agricole.

Primavera 2019