Numerose le tematiche affrontate durante l’evento fieristico. La Bit conferma la sua lungimiranza con la presenza di qualificati rappresentanti provenienti da Africa, Caraibi e Oceania. Intanto, tra recessione e concorrenza estera, la stagione sciistica si propone come uno degli appuntamenti più “scottanti”.
Stimolante punto di osservazione per lo sviluppo del settore, per le nuove iniziative e per le innovazioni strategiche e tecnologiche, anche quest’anno la Borsa Internazionale del Turismo offre un’esauriente panoramica sui molteplici aspetti che caratterizzano il mercato turistico. E, come di consueto, gli argomenti più trattati non riguardano solamente le caratteristiche e i problemi connessi con il traffico europeo, ma si aprono verso i paesi in via di sviluppo, che si affacciano uno dopo l’altro nel grande circuito internazionale. Da sempre la Bit ha dimostrato particolare attenzione nei confronti di questi Stati e, quest’anno, veramente imponente si è rivelata la risposta da parte delle nazioni di Africa, Caraibi e Oceania. Durante questa tredicesima edizione sono infatti ospitati 37 Paesi Acp (Africa Caribbean Pacific) e Ptom (Overseas Countries and Territories), la cui partecipazione viene coordinata dalla Comunità Europea nel quadro di una politica in favore dello sviluppo del commercio e del turismo, come previsto dalla Convenzione di Lomé IV.
La Cee organizza, con sempre maggiore attenzione, la partecipazione ai progetti turistici da parte delle nazioni in via di sviluppo, rendendo possibile la loro presenza a fiere e mostre internazionali.
Dalle prime 12 nazioni ammesse ai finanziamenti Cee nel 1988, ora sono ben 48 i paesi – compresi quelli rappresentati dalla Maison du Tourisme Africain – invitati a presentare le loro offerte durante i cinque giorni di svolgimento della manifestazione. Si tratta di nazioni che hanno risposto alle molte e dettagliate condizioni poste dalla legislazione comunitaria in tema di approntamento di progetti, impegni governativi, addestramento del personale. E hanno soprattutto dimostrato il genuino desiderio di migliorare la base delle infrastrutture locali allo scopo di dare maggiore impulso allo sviluppo del turismo. In tale ottica la decisione della Cee – che costituisce un lusinghiero riconoscimento alla vitalità di questa manifestazione– viene a premiare sia le nazioni del gruppo Africa-Caraibi-Pacifico, sia l’organizzazione stessa della Bit. L’evento in questo modo acquisisce un prestigio ancora maggiore, garantendo ai partecipanti un dialogo con interlocutori qualificati e seriamente interessati e, allo stesso tempo, con un pubblico che, nonostante il periodo di recessione globale e le tante difficoltà del settore, diventa sempre più numeroso. Il programma di partecipazione alla Bit per questi Paesi prevede diversi momenti. Per quanto riguarda la fase espositiva, i rappresentanti delle nazioni aderenti all’iniziativa saranno presenti, con i propri prodotti turistici, su un’area di 800 mq all’interno del padiglione 16. Nell’ambito poi di convegni e meeting business oriented, giovedì 25 e venerdì 26 febbraio, avranno la possibilità di incontrarsi con gli operatori europei interessati. Questa “due giorni” di contrattazioni sarà aperta e presentata nel pomeriggio di mercoledì 24 febbraio, in sala Gasparotto, nel corso di un seminario al quale, oltre ai delegati dei Paesi Acp e Ptom, prenderanno parte anche il rappresentante della commissione DGVIII della Comunità Europea e i maggiori tour operator europei.
Segnali contrastanti
E passiamo dalle acque trasparenti dei paesi tropicali alle nevicate – per la verità ultimamente non troppo abbondanti– dei nostri monti. Argomento tra i più dibattuti di questa Bit sarà infatti quello che riguarda il settore del turismo invernale – con un occhio di riguardo per quello italiano –, settore che in questi ultimi anni ha subito non pochi scossoni. Quando, durante la scorsa stagione, gli operatori erano appena tornati a respirare aria di ottimismo, si sono infatti trovati a fare i conti con l’attuale periodo recessione economica. L’iter di queste ultime annate è ormai noto: le stagioni 1988-89 e 1989-90 furono pregiudicate da due inverni troppo caldi. Si incominciò a temere un trend “climatico” negativo, considerate anche le funeste previsioni dei meteorologi che, a causa del “buco nell’ozono”, prospettavano una serie di inverni sempre più miti. Già dalla stagione 1990-91 però la situazione aveva incominciato a migliorare. Ma i dati sulle presenze ufficiali in alberghi e appartamenti mostrano un recupero complessivo solo del 4,2% dalla stagione 1989-90 a quella 1991-92. Tra le cause, secondo quanto emerso da un sondaggio Trademark, viene segnalata la ricerca, da parte degli sciatori italiani, di soggiorni in stazioni francesi, svizzere o austriache e un mutamento dell’atteggiamento verso il consumo sciistico: dalle tradizionali settimane bianche si è passati a brevi soggiorni nei week end o addirittura al pendolarismo giornaliero. La stagione 1992-93 è nata in una situazione molto controversa, perché si sono create ottime condizioni di sciabilità fin dall’inizio del mese di novembre, con una risposta incoraggiante. Tuttavia la recessione economica ha reso inquieti gli operatori di montagna che temono cali di clientela e una radicalizzazione della domanda di soggiorni nei periodi di alta stagione e del pendolarismo nei giorni festivi. I due terzi degli operatori intervistati a metà gennaio da Trademark Italia prevedevano una stagione in flessione dopo quella molto positiva dello scorso anno, a meno che non il perdurare di condizioni favorevoli crei le condizioni favorevoli per una stagione “lunga”, consentendo di sciare fino a Pasqua. In una prospettiva di medio periodo c’è però un dato di fondo confortante che contraddistingue questo mercato: la popolazione sciistica italiana si è allargata, secondo stime ADAM, da un milione e mezzo di praticanti dell’inizio degli anni ‘80 agli attuali 4.700.000, di cui il 55 per cento è concentrato nelle regioni nord-orientali.